Qualche giorno fa si è svolta la giornata mondiale degli oceani, che costituiscono un insostituibile ecosistema con un ruolo importante per la vita sulla Terra, ma che sono oggi profondamente degradati.
Per il giorno di iridiSCIENZA, lo
spazio del blog dedicato ai risultati delle ricerche scientifiche ambientali, rimaniamo
in tema di ecosistemi acquatici e parliamo della ricerca pubblicata su ACS EST
Water 2021 “Urban Stormwater Runoff: A Major
Pathway for Anthropogenic Particles, Black Rubbery Fragments, and Other Types
of Microplastics to Urban Receiving Waters” . I ricercatori hanno riscontrato che le
acque piovane urbane sono un “mezzo di trasporto” non indifferente per le microplastiche,
che riescono a raggiungere così le acque dei fiumi e dei mari. Il team suggerisce anche una
soluzione interessante per mitigare il fenomeno.
Le microplastiche sono frammenti di plastica di dimensioni inferiori ai 5 mm che, nonostante la piccolissima forma, rappresentano una fonte rilevante di inquinamento ambientale e un rischio per la salute umana. La loro origine è diversa, possono provenire dalla degradazione di oggetti di plastica, come bottiglie, buste, oppure essere rilasciate in ambiente direttamente come microplastiche. In questo caso tra i responsabili abbiamo i cosmetici, gli abiti o gli pneumatici. La maggior parte delle microplastiche raggiunge le risorse idriche, dove vengono facilmente inghiottite dalla fauna ittica, arrivando quindi, indirettamente, anche sulle nostre tavole. L’ONU nel 2017 ha stimato che ben 51 mila miliardi di microplastiche erano sparse negli oceani. Una quantità significativa.
Per la ricerca pubblicata sull’American Chemical Society, il team di scienziati ha raccolto e analizzato le acque piovane di 12 siti urbani nella zona di San Francisco, trovandovi concentrazioni di particelle di plastica più alte di quelle delle acque effluenti dagli impianti di trattamento delle acque reflue. In particolare, sono stati segnalati detriti, fibre e frammenti gommosi, in larga parte causati dall’usura degli pneumatici, con una concentrazione variabile tra 0,3/24,6 particelle/litro. Dallo studio emerge un interessante rimedio per mitigare il fenomeno, quello del “Rain Garden”, ossia i giardini della pioggia.
Il Rain Garden è una soluzione progettuale urbana finora utilizzata soprattutto per controllare il processo d’infiltrazione dell’acqua piovana nelle superfici non impermeabilizzate. Si tratta di piccoli e verdeggianti bacini del suolo, simili alle aiuole, che sfruttano la presenza del terreno e delle piante per assorbire naturalmente le acque di deflusso, evitando che arrivino in grandi quantità agli impianti fognari, congestionandoli. E' un intervento urbano generalmente promosso per i benefici legati all’ adattamento urbano al cambiamento climatico, che raccogliendo le acque piovane come fossero delle vasche, mitiga i disastri e disagi causati da alluvioni e piogge intense.
La ricerca ha riscontrato che il
giardino della pioggia può portare un ulteriore beneficio, quello di limitare le microplastiche presenti nelle
acque piovane, riuscendo a ridurle del 96%. Risulta, inoltre, più efficace a rimuovere le
particelle di dimensioni tra i 3,5 e i 5 mm e meno quelle < 0,5 mm.
Si tratta di un interessante risultato per i ricercatori che propongono una soluzione plurivantaggiosa: il rain garden che rende più bella e resiliente la città e mitiga un impatto ambientale negativo.
RIFERIMENTI
American Chemical Society. "Stormwater could be a large source of microplastics and rubber fragments to waterways." ScienceDaily. ScienceDaily, 26 May 2021.
https://www.europarl.europa.eu/news/it/headlines/society/20181116STO19217/microplastiche-origini-effetti-e-soluzioni
Per la foto del rain garden:
http://www.piemonteparchi.it/cms/index.php/territorio/architettura/item/3984-rain-gardens-ovvero-giardini-della-pioggia
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